Addio al tenore “Bibi”, il ricordo del teatro Goldoni

Oggi alle 15 i funerali muovendo dalla cappella mortuaria dell'ospedale

di FULVIO VENTURI

LIVORNO – E’ scomparso il baritono Ettore Cresci, per tutti “Bibi”. Livornese puro sangue e ultimo nato in una famiglia di operatori immobiliari, Ettore debuttò al Teatro Goldoni nell’ormai lontano 1956 nel Barbiere di Siviglia, cogliendo un vibrante successo tanto per la giovane età (Bibi era appena ventenne), quanto per la bella voce ed una innata comunicativa di pronta presa sul pubblico e particolarmente adatta, in ragione di un fraseggio naturalmente elegante, anche al repertorio da camera.
La carriera di Ettore si consolidò anche durante il servizio militare, quando, trovandosi in Veneto, ebbe l’occasione di affrontare opere fondamentali come La Bohème, Madama Butterfly, Lucia di Lammermoor, Pagliacci. Ettore Cresci, cantante controllato ed elegante ebbe tuttavia in quegli anni anche una frequentazione assidua con il repertorio mozartiano. Attorno al 1980, la sua voce si scurì e s’irrobustì, mettendolo in condizione di affrontare un repertorio eterogeneo e molto qualificato formato da Kovancina di Mussorgskji, Maria d’Alessandria di Ghedini, Francesca da Rimini di Zandonai, Turandot e Manon Lescaut di Puccini nel quale potè mettere un mostra una musicalità non comune ed un impegno professionale da prendere ad esempio. E per lui si schiusero anche le porte di teatri molto importanti, sia in Italia, che all’Estero, come l’Opera di Genova, Il Teatro Regio di Torino, l’Opera di Bilbao, accanto a colleghi come Alfredo Kraus, Mirella Freni, Luciana Serra che all’epoca rappresentavano i vertici del mondo dell’opera e registi come Giampaolo Zennaro, ai quali rimase legato da reciproca stima ed amicizia. Nell’amata Livorno, dopo una lunga stasi, tornò a cantare tra il 1980 e il 1995, disegnando con straordinaria umanità personaggi mascagnani come Renzo in Silvano, Il Carpentiere nel Piccolo Marat, Fiorenzo nei Rantzau, Tom in Guglielmo Ratcliff, Franz in Lodoletta, ma anche mozartiani come il Mago Colas nel Bastiano e Bastiana.
Poi un serio problema di salute lo trasse improvvisamente dal quel suo mondo amatissimo già diversi anni fa. Ma non per questo perse la naturale bonomia e la voglia di lottare per riconquistartsi un’esistenza piacevole e in parte vi riuscì. Adesso Bibi ci ha lasciato, ma chi lo conobbe ne ricorderà la capacità professionale, la cordialità, l’affetto per i figli e la bella voce.

 

IL RICORDO  DEL TEATRO GOLDONI
Ettore Cresci, noto e stimato baritono livornese, non è più tra noi. Ettore, che i colleghi livornesi chiamavano affettuosamente “Bibi”, si era ritirato da tempo dalle scene, ma non si era spento ancora il legame tra i melomani e la sua naturale simpatia di cantante di razza e di livornese verace ed estroso, sempre pronto alla battuta ed a smorzare con il suo umorismo anche i momenti di tensione tipici della preparazione di una produzione operistica. Ettore si era imposto alla fine degli anni Settanta nei più importanti teatri italiani (Genova, Torino, Firenze) nei cosiddetti ruoli ‘di fianco’, ma la bella sua voce di autentico baritono brunito gli aveva consentito di affrontare con successo anche quelli principali, soprattutto nel repertorio tardo ottocentesco e verista. Nel 1980, al Teatro Goldoni, fu assai apprezzata la sua interpretazione del vilain Renzo in Silvano, nella stessa serata in un cui Carlo Bergonzi in stato di grazia affrontava, accanto alla gloriosa Santuzza di Irina Arkhipova, il Turiddu di Cavalleria rusticana. Nel 1989 era il Carpentiere nel Piccolo Marat, di cui riuscì a dare una forte caratterizzazione. Come direttore artistico ricordo con particolare piacere la sua vivacità di caratterista in alcune delle più importanti produzioni degli anni Novanta del nostro Teatro; dal recupero di rari titoli mascagnani quali I Rantzau, Lodoletta e Guglielmo Ratcliff alla Wally di Catalani e ai suoi ‘cavalli di battaglia’ quali Marullo in Rigoletto e il Sagrestano in Tosca, titoli eseguiti quasi tutti sotto la direzione del compianto Massimo De Bernart, che di “Bibi” aveva grandissima stima. Interpretazioni risolte con vocalità importante, da “primo baritono”, e con scaltrita abilità attoriale. Dell’uomo e dell’amico ricordo l’innata ironia, la capacità tutta labronica di conquistarti con un gesto affettuoso e la battuta mordace. Caro Bibi, ci mancherai molto

Alberto Paloscia, Direttore artistico stagione lirica Fondazione Teatro Goldoni

 

 

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