Non sprechiamo una risorsa come Ruggeri

Dopo la lunga intervista di Marco Ruggeri del 22 giugno corso, di cui già ho sentito più di un commento dissonante, e critico da chi, nel suo partito, si è sentito evidentemente messo in discussione, mi
permetto allora di scrivere questa lettera, spinto anche dagli amici di CambiaMenti e da altri, che forse può
aiutare il confronto. Innanzitutto va detto subito che Marco Ruggeri con molta onestà nell’intervista “non si nasconde dietro a un dito”, non solo ammette la sconfitta, ma “rilancia”, coinvolgendo nella sconfitta “il nostro modo di amministrare”, col riconoscimento franco che gli elettori “avevano l’opportunità di darci uno schiaffo fortissimo, e ce l’hanno dato”.
Queste parole sono la conferma della profonda onestà morale di Marco , quella stessa che lo ha spinto ad
accettare di candidarsi quando, come ricorda lui stesso ed è tristemente vero, “nessuno aveva il coraggio di metterci la faccia”. E sapendo già di quel 77% di scontenti del precedente mandato. Poteva restarsene allora tranquillo nel Parlamentino Regionale, fra l’altro ben remunerato e con prospettive di ulteriori incarichi…
Però ha accettato perché così si è potuto presentare come punto di riferimento per chi l’ha votato (che sono
stati comunque in molti), e soprattutto per operare quei cambiamenti richiesti, più che dalla base del partito, proprio dalla maggioranza dei concittadini livornesi.
Ruggeri parla soprattutto al suo elettorato, a quella maggioranza chiara che ha votato PD alle Europee, ma
che pure non hanno votato tutti per lui: non gli chiede conto dell’operato, non li rimprovera di alto tradimento, ma anzi dice loro che sì, avevano ragione, e che anche lui voleva quel cambiamento che l’elettorato ha chiesto con tanta chiarezza. Ma poi aggiunge tristemente che “l’elettorato non ci ha creduto”.
Bisogna chiedersi cosa può aver motivato questa diffidenza, oltre certo al fatto di essere dirigente storico
del partito. Proviamo una breve analisi:
Probabilmente, se gli si può fare un appunto, è che quello che aveva ben in mente di fare non l’ha mostrato
a sufficienza nella breve campagna elettorale prima del ballottaggio.
Ha mostrato è vero dei segni di rinnovamento con i nomi nuovi di due assessori: troppo poco, perché a
quel punto forse doveva mostrare l’intera squadra, e mostrarla totalmente priva di “uomini di apparato”. Il fatto è che, come già detto, Marco si trovava di fatto ad inseguire, come mostra il 77% di scontenti, si trovava a dover ricostruire in poco tempo una credibilità, con l’onere della prova tutto sulle sue spalle, dinanzi ad un elettorato chiaramente risoluto nella posizione di… “vedere cammello – pagare cammello”.
L’azione di rinnovare l’apparato e valorizzare nuove energie non aveva altra scelta che farla PRIMA del
voto, non DOPO. Forse sarebbe stata una evoluzione troppo brusca per quelle concitate settimane elettorali, col rischio di spiazzare una parte di partito, in un tempo così breve, col rischio che sembrasse la fuga in avanti di “un uomo solo al comando”. E così per rispettare la scelta di coscienza di coinvolgere democraticamente il resto del partito, il grosso dei cambiamenti sono stati rinviati al dopo elezioni. Già, peccato che per lui (e solo per lui in tante elezioni) era scattata l’ora del “vedere cammello – pagare cammello”! Cosa che non è mai stata chiesta ai precedenti candidati (e onestamente nemmeno al candidato Nogarin). Ma appunto la situazione reale era questa.
Ora finalmente Ruggeri con chiarezza si candida a guida del cambiamento nel suo partito, e lo dice quasi
col tono di chi ha già il frustino pronto per “gettare fuori i mercanti dal tempio”, (“ripartire da zero” dice) anche col rischio di scontentare quella parte di partito che ha posizioni consolidate (che “probabilmente” ha dispiacere a lasciare, ma è superfluo ricordarlo).
Ma Marco i rischi è uno che ha già dimostrato di accettarli. Proprio quella sua particolare candidatura
(quasi al limite del suicidio politico) ci dà la migliore testimonianza su di lui, ci dimostra il tipo d’uomo che più che il proprio comodo o l’interesse personale cerca essenzialmente quello che ritiene giusto, rifiutando di assecondare i calcoli, che pure conosce.
Abituati ai “virtuosi del galleggiamento” un atteggiamento così atipico in una persona cresciuta sempre in
un partito, non l’abbiamo capito, non l’abbiamo creduto.
Ma così facendo gli abbiamo appiccicato una etichetta che di fatto non corrisponde alle scelte che invece ha
fatto. E rischiamo così di sprecare, per l’ennesima volta, una risorsa per il partito e per la città. Una risorsa per chiudere finalmente una storia di gruppi di riferimento che non danno spazio al ricambio, per valorizzare persone nuove ed energie che in realtà in Livorno abbondano. E di cui abbiamo tremendamente bisogno.
Stefano Chierici

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